giovedì 19 maggio 2011

Opera Lirica


OPERA LIRICA
L’opera lirica è una storia che ci viene narrata da personaggi che cantano con il sostegno musicale dell’orchestra,in mezzo a ricche scenografie e illuminati da complicati giochi di luce. Ma i veri e propri personaggi sono i cantanti che devono prestare la propria voce, facendoli diventare credibili anche nelle situazioni più assurde. I vari luoghi vocali sono scelti dal compositore che non cerca di distinguere la voce maschile da quella femminile ma è necessario saper individuare l’estensione vocale e il timbro adatti a quel certo personaggio. I ruoli vocali si distinguono in:
SOPRANO: per le sue caratteristiche di agilità e di effervescenza che possono ritrarre slanci timidezze e abbandoni tipici del personaggio
TENORE:oltre ad essere la voce più acuta delle voci maschili ben si presta ad appassionanti dichiarazioni d’amore così come a vibranti affermazioni di eroismo.
BASSO: è la voce più grave di tutte è l’ideale per portare sulla scena personaggi anziani,sacerdoti,eremiti,vecchi saggi o re,che proprio da quella profondità possono trarre autorevolezza e credibilità.
BARITONO: essendo una voce di mezzo, possiede caratteristiche ambigue e volte addirittura inquietanti
MEZZOSOPRANO: è la rivale al femminile
CONTRALTO: è la voce più scura tra quelle femminili viene spesso assegnata a personaggi femminili maturi e magari misteriosi.

PRELUDIO
La maggior parte delle opere liriche inizia con un preludio (ouverture) per mezzo del quale a sipario ancora chiuso il musicista introduce il clima generale della storia. Nel seicento e nel settecento al preludio era affidato solo il compito di richiamare l’attenzione degli spettatori e annunciare l’inizio della rappresentazione.

COME E’ FATTA L’OPERA
L’opera lirica è generalmente articolata in momenti diversi: recitativi,arie,duetti,terzetti,quartetti.... Ciascuno di questi momenti ha funzioni e caratteristiche diverse.  Nei recitativi i personaggi  ci fanno capire come la vicenda sta procedendo. Il compito del recitativo è infatti quello di spiegare lo sviluppo della storia ed è quindi importante che le parole siano comprensibili: il canto procede senza eccessivi ornamenti e il ritmo segue quello del linguaggio parlato. Nelle arie la musica acquista un ruolo di primo piano il canto si arricchisce e vocalizzi che rendono più difficili la comprensione delle parole. In questi punti la vicenda si interrompe per lasciare spazio alle riflessioni e alle emozioni dei personaggi. Ci sono poi momenti in cui i personaggi cantano insieme: sono i duetti, i terzetti,i quartetti....Nel finale d’atto è infine possibile trovare i concertati, brani piuttosto esteti e elaborati cui partecipano diversi personaggi e, a volte, anche il coro.

CLASSIFICAZIONE DELLE VOCI
Le voci che cantano si distinguono innanzitutto in voci femminili e maschili. A queste poi vanno aggiunte quelle dei bambini dette voci bianche in base all’altezza, il timbro e il numero di suoni che riescono ad eseguire (estensione)



giovedì 31 marzo 2011

VIDEOCLIP


Videoclip o video musicale sono un elemento essenziale sia della diffusione che della produzione della musica pop e rock. E’ un prodotto multimediale perché al contrario di un film la musica precede le immagini. Quindi non è la musica a fare da colonna sonora ma è l’immagine a interpretarla. Le sequenze visive di un videoclip sono caratterizzate da sequenze velocissime effetti ottici e fotogrammi frammentati fino ad essere irriconoscibili. Presenta  situazioni che non sono in rapporto tra loro ma che la musica unisce facendo acquisire ad essi una nuova logica: è il ritmo della musica che regola il ritmo dell’immagine. I videoclip hanno un ritmo di montaggio piuttosto rapido: tagli frequenti, inquadrature diverse, continui movimento dei soggetti e spostamenti della telecamera.
Video storie: sono più frequenti senz’altro quelli narrativi cioè che raccontano una storia, non necessariamente quella esposta dal testo della canzone. Nella maggioranza dei casi, in questi videoclip è coinvolto il cantante o il gruppo, a volte come attore della vicenda narrata, altre volte come moderno cantastorie che commenta da “esterno” le immagini; più raramente il cantante non appare affatto lasciando spazio ad attori professionisti.

Video concerti: altro caso molto frequente è quello che ci mostra il cantante in concerto o in sala registrazione: la situazione illustrata apparentemente è realistica ma anche qui si tratta di abili ricostruzioni e montaggi, tesi a presentarci il protagonista sempre eccezionale e sicuro di sé.
Video elettronici: un tipo di videoclip interessante ma più raro, è quello che si basa interamente su effetti elettronici senza necessariamente seguire un filo narrative logico. In questi casi veniamo attratti oltre che dalla canzone proprio dalla spettacolarità e dalla fantasia degli effetti impiegati,dai colori, dalla velocità del montaggio.
 Video film: quando la canzone presentata fa parte della colonna sonora di un film, allora sono le immagini di quest’ultimo a costruire l’ossatura,magari con l’inserimento di brevi sequenze che ci mostrano il cantante.
Video cartoon: cartoni animati e videoclip è un connubio che si realizza abbastanza spesso. In questi casi è facile che il cartone sia di tipo sperimentale e applica tecniche grafiche e narrative originali. E’ possibile anche che il cantante venga inserito nel cartoon ovviamente nella sua veste disegnata.

sabato 19 marzo 2011


La pubblicità

La pubblicità è una presenza  continua che accompagna molti momenti della nostra giornata. lo scopo della pubblicità  è essenzialmente quello di farci ricordare il prodotto reclamizzato e di indirizzare la nostra scelta su di esso al momento dell’acquisto.  Per raggiungere questo obbiettivo la pubblicità utilizza un particolare linguaggio basato su collaudati meccanismi di persuasione che fanno leva sui nostri desideri, aspirazioni e convinzioni.  Anche la musica è impiegata con grande attenzione e intelligenza dovendo concorrere al pari dell’immagine e del parlato al convincente risultato finale.  Dei tanti meccanismi che un tecnico pubblicitario deve tener presente nell’ideare e realizzare uno spot i principali sono il TARGET e il ITEMS. Per target s’intende quella fascia di pubblico di potenziali compratori ai quali la pubblicità si rivolge principalmente. Gli items sono le idee fondamentali, i concetti chiave della pubblicità che rappresentano il vero significato della pubblicità.  Si tratta di concetti che le pubblicità vogliono cercano di legare indissolubilmente al prodotto reclamizzato.


Pubblicità commerciale: è quella volta a reclamizzare un prodotto di mercato (o comunque la ditta che lo produce). È la forma di pubblicità più diffusa.































Pubblicità sociale: è quella volta a promuovere finalità socialmente rilevanti


Advocacy advertising: è quella volta a promuovere un consenso relativamente a tematiche su cui esiste una divergenza di opinioni.

Pubblicità pubblica: è quella impiegata dallo Stato o dalla Pubblica Amministrazione volta a comunicare informazioni relative ai diritti e ai doveri dei cittadini.

Propaganda politica: è quella volta a reclamizzare un partito o un'idea politica

venerdì 18 marzo 2011

Cinema, che passione!


CINEMA, CHE PASSIONE!

Il cinema è un mondo parallelo, in cui immagini e parole sono importanti fondamentali.
 Sono molto importanti anche la musica e i rumori. Con colonna sonora si intendono tutti gli elementi sonori: parole, rumori e musiche. I rumori accompagnano il film, hanno la funzione di  evocare l'ambiente e la situazione nella quale si sta svolgendo la scena. Una musica in rende più veritiera la scena, una musica off ne accentua gli aspetti emotivi. Nel film la musica ha uno stretto rapporto con l’immagine, così stretto che immagini e sonoro vengono generalmente percepiti come un unico messaggio. Una musica appropriata non lascia allo spettatore alcun dubbio, chiarendo quello che sta succedendo. Quando una musica accentua le impressioni suggerite dallo schermo è detta convergente. Invece quando è chiaramente in contrasto con la scena la musica è usata in modo divergente. I modi con cui la musica collabora alla narrazione filmica sono molti:
  •    Sottolineare le emozioni suscitate dalla scena o seguire il ritmo degli avvenimenti
  • Esprimere i sentimenti dei personaggi per far vivere allo spettatore le stesse emozioni del protagonista
  • Contestualizzare l’immagine fornendo ulteriori indizi sul luogo e sul tempo in cui si svolge la scena
  • Definire il carattere di un personaggio
  • Anticipare gli avvenimenti successivi facendo prevedere allo spettatore quello che succederà di lì a poco
  • Prolungare l’azione precedente in modo da consentire allo spettatore di vivere un’emozione anche quando la scena che l’ha provocata è terminata.
  • Rievocare qualcosa che appartiene al passato o a un lungo lontano
  • Collegare diverse scene apparentemente separate l’una dall’altra.
  • Contrastare le immagini dicendo cioè con la musica qualcosa di diverso che si vede sullo schermo per sollecitare lo spettatore a cercare il senso nascosto della storia. E’ il caso dell’uso divergente della musica

    sabato 18 dicembre 2010

    Batteria


    LA BATTERIA



    Le origini dello strumento risalgono alla seconda metà del XIX secolo, negli Stati Uniti, sebbene i tamburi singoli abbiano radici ben più antiche.. Fin dal jazz del 1920 la batteria è stato uno strumento fondamentale della musica popolare, coniugato o sostituito in seguito dalla drum machine, soprattutto nella musica elettronica. L'attuale batteria nasce da problemi di spazio; infatti in principio, lungo le strade di New Orleans (Louisiana), c'erano enormi bande che suonavano per strada, in corteo, ed ogni elemento dell'attuale batteria era suonato da una singola persona, come nelle fanfare militari odierne. In seguito le esibizioni si spostarono dalle strade ai locali, ed era impossibile ospitare sul palco cinque/sei musicisti che si dedicassero alle percussioni; quindi si fuse la grancassa con il rullante militare. A questa batteria primordiale vennero in seguito aggiunti i piatti, allo scopo di creare un suono acuto che si contrapponesse al suono grave dei tamburi. In seguito ogni etnia presente in America diede il suo contributo, come i cinesi, che importarono i tom, tamburi di diametro piccolo (compreso tra 8 e 14 pollici, ossia tra 20 e 36 cm) ed i turchi, che perfezionarono la produzione dei piatti adoperando il loro modo di fondere e martellare il rame e l'ottone. In principio la grancassa era suonata con il piede, oggi è sempre suonata con l'apposito pedale per cassa.
     Composta da un tamburo rullante, una grancassa azionata da un pedale, una coppia di tamburi intonati diversamente, un paio di piatti di ottone sospesi e una coppia di piatti sovrapposti azionati
    da un  secondo pedale. E la componente essenziale di ogni orchestra jazz leggera e di ogni complesso rock, loa batteria ha il compito di fornire la base ritmica.



     Struttura
    Grancassa: in inglese bass drum o anche kick drumè il tamburo di dimensioni maggiori di un'orchestra sinfonica, di una banda musicale o di una batteria.
    In quest'ultimo caso viene generalmente chiamata soltanto cassa.È costruita in legno di forma cilindrica e cava. Alle sue estremità sono poste e tese grazie aitiranti, due membrane che possono essere di pelle animale o materiale sintetico. Il fusto è realizzato da 4 o più strati di legno 
    Il timpano: è uno strumento musicale a percussione. Appartiene alla classe dei membranofoni
    Esso consiste in una membrana, chiamata pelle, tesa su un grande fusto chiamato "caldaia" solitamente in rame, in altre leghe metalliche o in materiali plastici. Vengono suonati per mezzo di duebattenti, generalmente a punta morbida
    Rullante:   (in lingua inglese snare drum) è uno strumento musicale della famiglia dei membranofoni. È un tamburo costituito da un fusto (di solito in legno o in metallo, ma nel caso di alcuni particolari modelli, anche in plexiglas o altri materiali), da due pelli,pelle battente e pelle risonante (naturali o sintetiche), messe in tensione da due cerchi(in metallo o in legno), fissati al fusto mediante tiranti a vite e blocchetti in metallo. Al di sotto della pelle risonante si trova una cordiera, la cui azione è attivata o disattivata e regolata da un dispositivo, denominato macchinetta. Il rullante è spesso utilizzato come tamburo principale della batteria (drum set o drum kit) un supporto da terra, detto reggi rullante. Il rullante viene utilizzato anche in contesti sinfonici orchestrali e bandistici, dove prende il nome di tamburo d'orchestra o, in lingua francese, "casse claire".
    Tom-Tom: (detto anche muto in italia) è un tamburo di forma cilindrica munito di una o due membrane risonanti, le pelli. Il fusto è solitamente in legno, ma ne esistono versioni anche in acrilico.
    Hit-hat: (o charleston) è composto da una coppia di piatti montati orizzontalmente su un supporto metallico dotato di pedale, che ne consente l'impiego ad un batteristaseduto.
    Grazie ad un meccanismo a pedale che permette all'esecutore di sollevare il piatto superiore (top) dal piatto inferiore (bottom) separandoli, le sfumature sonore che si possono ottenere sono molteplici.
    Nei contesti di musica moderna i piatti Hi-Hat sono suonati con le bacchette o con le spazzole tenendo i due piatti chiusi, semi-chiusi o aperti. Il suono denso dei piatti Hi-Hat suonati aperti è molto utilizzato nella musica Heavy metal, dove le chitarre elettriche distorte non lasciano spazio ad esecuzioni fragili.
    Una sonorità importante è anche quella cosiddetta foot splashes che si ottiene facendo colpire i due piatti fra loro con il pedale e sollevando subito il piede, lasciando i piatti liberi di vibrare. Per allineare correttamente i piatti e favorire questa tecnica, il piatto bottom può essere inclinato per mezzo di una vite di regolazione posta accanto al tubo verticale del supporto. Quando il piede chiude i due piatti aperti, arrestandone la vibrazione, si ottiene un suono secco chiamato chick.
    Piatto Ride:è un piatto fondamentale di una batteria.
    Questo piatto è spesso posto alla destra di un batterista destrorso, inclinato in modo da favorire i colpi con la punta della bacchetta sulla sua superficie piatta. Il suo ruolo è quello di sostenere la scansione ritmica oltre che a evidenziare gli accenti. Ha il diametro maggiore fra i piatti, da 18 a 28 pollici, ma il suo diametro più comune è di 20 pollici.
    Questo tipo di piatto viene suonato in zone diverse, anche in relazione al genere di musica suonata. Nei generi latin, fusion, rock, pop ed heavy metal si usa molto lacampana del piatto ride, la parte centrale in rilievo, suonandola con il collo dellabacchetta. Questo suono è molto penetrante, capace di farsi spazio in ogni contesto musicale.
    Una variante di questo piatto molto utilizzata nel jazz è il flat ride: è senza la campana, il suo suono è “secco” e la pronuncia della bacchetta è marcata. Il flat ride è alla base del sound di batteristi come Roy Haynes.


    sabato 4 dicembre 2010

    Valerio Vermiglio

    Nome: Valerio Vermiglio
    Nazionalità:  Italia
    Altezza 189 cm
    Ruolo: Palleggiatore
    Squadra: Lube Macerata

    Giovanili
    1986-1991 Zanclon Messina
    1991-1994  Sisley Treviso
    Squadre di club
    1994-1997  Sisley Treviso 
    1997-1998  Indomita Salerno 
    1998-1999  Pallavolo Falconara 
    1999-2000  Pallavolo Padova 
    2000-2002  Pallavolo Parma 
    2002-2007  Sisley Treviso 
    2007-2011  Lube Macerata


    Ho iniziato per scherzo...
    Ero iscritto al Centro Olimpia di Messina come tanti bambini prima dei 5 anni.
    All’interno dell’Oratorio giocavamo a diversi sport e tra questi a pallacanestro.
    Ecco, la mia bella avventura con la pallavolo è iniziata proprio grazie al basket.
    Mi ricordo, come se fosse ieri, che presi un pallone da pallacanestro e mi girai verso un muro che aveva dei fori posti a diverse altezze.
    Sfidando me stesso e cercando di dimostrare qualcosa, come tutti i bambini sono soliti fare, tirai il pallone e centrai quello che per me era un canestro e infilai la palla perfettamente all’interno del foro più alto. Ricordo che tutto soddisfatto andai da mia mamma e le dissi: “Mamma, io a basket so già giocare, voglio imparare a giocare a pallavolo’”.
    E così ho iniziato a frequentare i gruppi di volley.
    Potrà sembrare quasi comico, o comunque divertente, ma è proprio così che ho scelto la pallavolo, pensando di essere già diventato un campioncino di basket... senza contare che in seguito giocai anche a calcio
    Il ruolo?
    Beh, anche in quel contesto usavo le mani ed ero portiere nei Salesiani.
    Fu una staffetta, quella fra calcio e volley che durò 4 anni, tanto che terminato un allenamento, mi trasferivo all'altro.
    Fino al momento della scelta. Avevo 11 anni e scelsi la pallavolo.
    Perchè? Mah, forse ora mi accorgo che il calcio è uno sport più remunerativo se giocato ad alti livelli, ma la pallavolo…la scelta per questo sport…me la sentivo dentro e sono felice d'averla fatta, visti i traguardi che sono già riuscito a raggiungere.

    Gli inizi
    "Tutto ebbe inizio nella mia Messina, nell’Oratorio dei Salesiani, la PGS "Domenico Savio" che tra l’altro era anche la mia scuola elementare.
    Lì noi ragazzini potevamo dilettarci in tutti gli sport, in un piazzale attrezzato affiancato da due palestrine che utilizzavamo in caso di maltempo.
    Giocavamo tutto il giorno, al mattino con i compagni nei tornei d’istituto e nel pomeriggio c’erano gli allenamenti di calcio,basket e pallavolo.
    Sono cresciuto con i primi palleggi nel minivolley e in appena un paio d'anni io e la mia squadra partecipammo a tutti i campionati perché non eravamo molti e quindi ci facevano giocare in più squadre: minivolley, superminivolley, under 14 e under 16,che per noi era comunque un sogno visto che ci divertivamo a giocare.
    Poi ci fu il primo passo sintomo della crescita.
    Dopo 5 anni mi trasferii in un'altra società, sempre sostenuta dall’attività parrocchiale, l’A.S. Zanclon, dal greco Zankle, che significa Messina.
    Fu la mia prima vera società, con cui partecipai ai primi appuntamenti federali.
    Finali provinciali, regionali e anche una finale nazionale di superminivolley a San Marcello Pistoiese.
    Potrà sembrare strano, ma ricordo tutt'oggi che ci classificammo al 21esimo posto,fu un’esperienza davvero unica.il contatto con tanti altri ragazzi che erano li come noi per giocare,divertirsi e magari anche vincere..
    Allora, per una squadretta di ragazzini di Messina quel piazzamento in una finale nazionale era un “risultatone”.
    E momenti emozionanti come questo restano impressi per sempre.
    Furono anni importanti e proprio in quelle stagioni venni utilizzato anche in campionati di categoria, quella che all’epoca erano la serie C2 e serie D, con ruoli diversi.
    Ebbene si, ero schiacciatore ricevitore in C2, mentre in serie D utilizzammo il modulo del doppio palleggiatore, per darci modo di imparare a saper fare tutto senza ruoli gia’ ben definiti per la nostra, all’epoca, giovane eta’. Tutt’ora, ogni tanto, per ridere, mi diverto a tirare qualche bella schiacciata forte in allenamento…giusto per sfogarmi un po’ no…?!Scherzi a parte, il mio ruolo, cioè quello che sentivo essere per me naturale, era quello del palleggiatore. Mi è sempre piaciuto avere la sensazione di poter decidere il gioco della mia squadra, nel bene e nel male, nonostante la grossa responsabilità del ruolo, e non sentivo l’esigenza di attaccare.


    La svolta
    La svolta posso dire ci sia stata in un Camp estivo.
    Era il 1989 e trascorsi un periodo dell'estate in un camp a Todi, in Umbria.
    Tra gli atleti di riferimento c'erano Marcello Bertolini e Paola Viapiano e tra gli allenatori Marcello Levatino.
    Ricordo che ci andai proprio per la presenza di Levatino. A portarmici fu infatti un allenatore suo amico, Salvatore Brancato.
    Insomma qualche qualità dovevo proprio averla mostrata perché alla fine del Camp Levatino, che in quell'anno allenava la Siap Brescia, nella stagione della promozione in A1, mi chiese se volevo andare a Brescia per entrare nelle loro giovanili.
    Un po' come quando feci quel famoso canestro, ricordo perfettamente l'entusiasmo con cui telefonai a casa per dire che sarei andato a Brescia, in una squadra di A1... Altrettanto bene ricordo la risposta dei miei: "Non esiste proprio!". Già, come dar loro torto, avevo solo 13 anni...
    Per fortuna però a Brescia accettarono l'idea di rivedermi per Pasqua, quando salii per un periodo di stage nel bel mezzo delle vacanze. Incontrai Paolo Iervolino che mi segnalò al fratello, che giocava a Milano. E dalla società rossonera mandarono Guido Ciccarone che venne a vedermi insieme a Paolo Buongiorno. In un secondo tempo Guido venne fino a Messina, poi provai per Milano, Modena, Catania e Ravenna. Insomma iniziavo a entrare nel "giro" dei club che contavano.
    Ecco, paradossalmente, pensandoci oggi, Treviso fu l'unica società per la quale non provai. Ma non era necessario perché nel frattempo Guido Ciccarone ci si era trasferito cone vice di Montali.
    Durante un'edizione del Trofeo delle Regioni, giocata a Scandicci, presi un appuntamento con la Sisley e andai a La Ghirada. I miei genitori, visto l’interessamento da parte di più società, si convinsero che dovevo avere qualche dote e spiccata predisposizione per la pallavolo.
    Quindi, visto l'ambiente, la piccola e tranquilla città, l’organizzazione del centro sportivo e la scuola, si convinsero a lasciarmi andare. Io ero contento, anche perché Treviso assomigliava molto a Modena, città che mi aveva sempre incantato durante i miei primi provini.
    Quando mi trasferii a Treviso dovevo ancora compiere 15 anni. era il settembre del 1990 e i miei mi salutarono dicendomi che "valeva la pena provare, perché a tornare indietro ero sempe in tempo, mentre per andare avanti certi treni non si presentano mai due volte”. Loro erano tranquilli perché andavo in una società organizzata, con un centro qualificato come La Ghirada per farmi vivere e crescere e per di più c'era una persona che ci seguiva a tempo pieno, Guido Ciccarone. Lui è stato il mio appoggio familiare oltre che sportivo in quel periodo. Vi confesso che a 15 anni è duro lasciarsi tutto alle spalle, ma con coraggio l’ho fatto, ho trovato la forza in me perché andavo a coronare un piccolo sogno, giocare a pallavolo, che allora ritenevo la cosa più bella che ci fosse.


    La famiglia
    Il primo anno è stato molto difficile, sentivo molto la mancanza della mia famiglia con la quale non ho mai avuto problemi…non ero il ragazzino che non vedeva l'ora di uscire di casa per avere la propria libertà.
    Così trascorrevo parecchio tempo al telefono per compensare quei 1300 Km che mi dividevano da loro.
    Vivevo in una città che aveva delle caratteristiche differenti rispetto alla mia Messina e a quell'età riscontrai in Treviso una mentalità un po' chiusa, meno calorosa di casa mia.
    Lo confesso, il primo anno fu certamente il più duro.
    Di sera tornavo in appartamento e se non ci fossero state la palestra e la pallavolo a sorreggermi e a scaricare le tensioni emotive, sarei tornato immediatamente a casa, a Messina.
    Fortunatamente con la pallavolo tutto procedeva per il meglio.
    Andavo a scuola al mattino e in palestra il pomeriggio; di domenica c’erano le partite, oppure doppio allenamento quando il campionato era finito.


    La scuola
    Fu difficile. Da Messina a Treviso incontrai diversi ostacoli.
    Ero entrato a scuola con un anno d'anticipo e frequentavo il liceo scientifico, ma a metà anno mi trovai costretto a fare delle scelte, per non penalizzare lo studio e la pallavolo.
    Mi preparai così per un passaggio alle Magistrali.
    A 17 anni ero diplomato e pronto per fare una scelta di vita completamente rivolta alla pallavolo.


    Ambizioni
    L’obiettivo principale è sempre stato quello di arrivare a giocare nella squadra migliore, di esserne all'altezza e riuscire a trascinarla e guidarla verso la vittoria.
    Ci sto riuscendo a Treviso e sono fiero dei risultati raggiunti con questo team.
    Ho ancora molti anni davanti a me, ma vorrei raccogliere il più possibile e il prima possibile.
    Ho tanta voglia di vincere !


    Cristian Savani - Punto di Tacco Incredibile